Il concetto geografico di isola non si limita a quelle circondate dall’acqua. Ci sono isole nel deserto, nei monti e nei boschi. Ci sono anche isole nelle città. Ci sono isole interiori, dove è possibile trovare rifugio, appartenenza, centratura, una visione diversa.
Poi ci sono luoghi di alta energia, che sollevano lo spirito, danno pace e chiarezza. Molti fattori contribuiscono a ispirare tali sensazioni: la forte presenza della natura, la morfologia del terreno, la presenza di animali selvatici, la mano e lo spirito degli umani che li hanno toccati e respirati (i luoghi) o anche solo camminati. Il borgo di Bisenzio per me unisce questi due fattori.
Sitato a quota 1060 metri e formato da una ventina di case, è avvolto dai boschi delle scoscese Pre-Alpi Lombarde. Alle sue spalle una corona di Monti che sfiorano i duemila metri, con le pendici rocciose macchiate dai pascoli. Lo si raggiunge con una strada asfaltata di 11,5 km di curve, che si stacca dal fondovalle per incassarsi poco sopra il corso dell’Abbioccolo. Torrente impetuoso che sciacqua la mente e, come l’armadio di Narnia, porta in un’altra dimensione spazio-temporale: in un’isola, appunto. Oppure ci si arriva anche da un’altra strada, ancor più stretta e tortuosa, che se ne va a spasso per valli, boschi e dirupi con una disinvoltura geniale, tipo labirinto, fino a farti perdere completamente l’orientamento.
Non conosco nessuno che sia cresciuto a Bisenzio. Solo qualcuno che vi è nato. Poi c’è stato lo spopolamento. Oggi, figli o nipoti tornano veloci la domenica per aprire le finestre, spazzare, bagnare i fiori, piantare e poi curare l’orto, tagliare l’erba, in un continuo, operoso andirivieni. Alcuni fienili sui prati sono crollati, altre case disabitate in vendita, forse. Nella piazza della fontana, in agosto, si parla di lavori da fare o già fatti. Non si parla di ristrutturazioni né di architetti, ma di come sia messo il tetto, il tuo o quello del vicino non ha importanza, che se vien giù quello poi tutta la casa va a catafascio. In pochi anni.
Son case di pietra appoggiate sulla roccia, e il tetto le tiene insieme, come una madre protettiva che ripara dalle intemperie e accoglie il vivere umano. Son case antiche. Sui portali in pietra si leggono varie date seicentesche.
Le case mi affascinano perché nascono da bisogni primari, per una precisa volontà e con tanto lavoro, specie sui Monti. Quelle di Bisenzio mi rapiscono in un viaggio immobile attraverso epoche, economie e costumi. Al tempo dei muli e degli acquitrini di fondovalle, la via diretta per Bagolino e per l’Impero Astrungarico, passava di qui. C’era scambio di idee e di merci; accoglienza nella Locanda per uomini e animali. C’era una grandissima maestria nel lavoro sulla terra, nel bosco, con le bestie, nell’artigianato casalingo, nell’arte come espressione di emozioni, armonia, spiritualità. Insomma, vita durissima e anche leggera a volte, certamente comunitaria, rituale e artistica. Un unico forno per il pane, un unico telaio per tutti i vicini.
La montagna è aspra, esigente, implacabile. Governare il bosco e i sentieri è un lavoro ciclopico, impossibile per un individuo solo, impegnativo ma fattibile per una comunità. Sentieri che portano ai pascoli e alla legna. Le vene di una rete umana che da sempre tenta di imbrigliare la Terra, per poterci vivere, o anche solo camminare.
Oggi è cambiato tutto, viene il capogiro a pensarci. Solo i Monti e le case hanno mantenuto la propria posizione. Certo, anche loro sono cambiati, i Monti in superficie e le case perlopiù internamente, però il borgo ha mantenuto inalterata nei secoli la propria stabilità e funzione di nodo nella rete dei movimenti umani. Ora solo per i pochi fortunati che lo conoscono.
A Bisenzio sono arrivata per caso. E ci sono tornata per nostalgia. Ho comperato un piccolo fienile e ritrovato un panorama che credevo di aver solo sognato. Viaggio dopo viaggio, un passo alla volta, con la lentezza di una cittadina che affronta il sentiero in salita, ho portato luce e forma ad uno spazio interiore nel quale mi sento bene perché posso essere me stessa. L’aria fina di Bisenzio mi ha sanato.
Insomma, per farla breve, dato che le cose belle mi piace condividerle…