Il mito di Aretusa racconta di una bellissima ninfa dell’Elide, una regione della Grecia affacciata sul Mar Ionio dove scorre il fiume Alfeo. La ninfa era una delle compagne preferite della dea Artemide e in quanto sua ancella era votata alla verginità.
Aretusa amava girare per le selve e un giorno mentre tornava da una battuta di caccia affaticata dall’afa si fermò vicino alle limpide acque del fiume Alfeo dove salici bianchi e rigogliosi pioppi potevano darle riparo all’ombra. La ninfa immerse un piede e l’acqua le sembrò invitante, così appese tutte le vesti sul ramo di un albero ed entrò nuda nel fiume ignara del fatto che la stesse ammirando il Dio fluviale Alfeo, figlio di Oceano.
Aretusa e Alfeo
Mentre Aretusa nuotava nell’acqua sentì una voce che veniva dal fiume. Spaventata nuotò verso la riva.
Alfeo molto attratto dalle sue belle forme se ne innamorò e manifestò subito l’intenzione di possederla. La giovane ninfa nuda iniziò disperatamente una fuga ed Alfeo, assunte sembianze umane, la inseguì per valli e montagne, attraverso boschi e fiumi di tutta la Grecia. La corsa durò molto e Aretusa si stancò, così chiese l’aiuto di Artemide la sua dea protettrice affinché potesse salvarla.
Artemide prese dal cielo una nuvola e con questa avvolse Aretusa per nasconderla. Alfeo cominciò girarle attorno, a chiamarla e si accorse dopo poco che dalla nuvola iniziavano a formarsi della gocce d’acqua. Alfeo capì che Artemide stava trasformando la ninfa in una sorgente e così pur di raggiungerla si tramutò di nuovo in fiume, unendosi a lei mescolando le loro acque.
A questo punto Artemide per salvare Aretusa, aprì la terra della Grecia fino in Sicilia e Aretusa si ritrovò sana e salva nella piccola isola di Ortigia ,sacra alla dea Artemide .
Secondo solo alcune fonti il mito prosegue e Alfeo innamorato spinto dal irrefrenabile desiderio amoroso con l’aiuto di Zeus fluisce attraverso il mare del Peloponneso fino all’isola di Ortigia e finalmente si può unire con la sua amata.
Aretusa e Siracusa
Da allora la fonte Aretusa alimenta le sue limpide acque in tutta la città di Siracusa. Per ricordare questo mito è stata posta accanto alla fonte Aretusa una suggestiva scultura in bronzo che raffigura la personificazione maschile del Dio Alfeo mentre insegue la bellissima ninfa Aretusa.
Mentre ero ad Ortigia vicino alla fonte, continuando ad ascoltarmi e ad ascoltare il mito, il racconto è entrato in me al punto da far luce su queste due parti del mio femminile archetipico: una afroditica e una verginale. Gli aspetti della dea della caccia libera e ribelle contro quelli della ninfa nuda che si spoglia e dopo un’estenuante fuga infine si concede al maschile, sono molto attuali rispetto al nuovo femminile che avanza.
Non rinchiuse in tutte noi queste due parti?
La paura di amare e restare illibata, la paura del maschile, della uso della sua forza, di questo maschile prorompente che vuole possederci con il potere del lingam?
Nello stesso tempo è un desiderio carnale, erotico, creativo, di unione, un’unione mistica tra il dio e la ninfa. È possibile che questa unione possa dare qualcosa in più ?
La donna sfugge perché ha paura.
Paura di aprirsi all’amore, paura di aprirsi ad un amore così intenso, così forte come la forza di un fiume che si interseca con le proprie acque.
Questa unione non parla d’altro che degli aspetti del femminile: una vergine fiera, profondamente libera che scorrazza nei boschi cacciando e che tiene intatta la propria integra libertà di essere. Dall’altra parte il femminile che invece vuole e sente il richiamo del maschile che ne scappa ma ne è attratta e impaurita, perché sa che attraverso il lasciarsi andare, l’aprirsi a questo maschile che la vuole possedere, che la rincorre, lei può perdere se stessa, ma anche trasformarsi in qualcos’altro.
In effetti Aretusa si trasforma in Altro… Attraverso questa esperienza integra Artemide, che la trasforma, la trasmuta in acqua e le due acque, maschile e femminile, si uniscono. Attraverso l’unione di queste due acque si genera qualcosa di nuovo e ci si sposta da un luogo all’altro. È una storia molto attuale, la storia della dicotomia, della difficoltà della donna ad aprirsi al maschile, ad aprirsi completamente a rompere tutte le proprie protezioni e a farsi penetrare da questa energia forte, affidarsi, fondersi perché questo è un amore che parla di fusione, di acque, di questo fiume che è figlio di Oceano e di lei che si trasforma in una sorgente attraverso gli oceani e nei mari del Peloponneso. Si uniscono e creano qualcosa di nuovo, di profondo. È un passaggio fondamentale: dalla verginità, dalla libertà della donna a Altro.
Il mito di Aretusa oggi
Questo mito richiama in me qualcosa di molto attuale. Del passaggio dal movimento femminista anni 70, dall’ecofemminismo, da questa Artemide simbolo della donna libera che non ha bisogno né di accoppiarsi, né di fare figli, al passaggio ai giorni nostri in cui le donne hanno integrato e stanno integrando questo aspetto di trasmutazione del femminile, di questa parte guerriera artemidea che è stata utile, che è stata molto utile per la riaffermazione di noi stesse.
Aretusa stessa mentre sta per perdersi richiama l’aiuto della vecchia sé, di Artemide, perché si sente perdere nell’estasi dell’amore. Sente che si sta lasciando andare dentro un amore, nella la passione, dentro la carnalità e sente che non riesce più a resistere, che non vuole più resistere, che è arrivato il tempo della fiducia.
Perché questa donna che nuda fugge per tutta la Grecia, questa ninfa che scappa e ad un certo punto è stanca della stanchezza.
Sente che si sta abbandonando a qualcosa che è più forte di lei: non può non lasciarsi penetrare, non ce la fa più e finalmente molla e cede a questo richiamo, a questa fusione. Con il maschile genera la trasmutazione dei due e crea qualcosa di nuovo, una creazione di lei e di lui che avviene solo perdendosi.
È arrivata l’ora dell’Amore. Lasciamoci andare.
L’amore non esiste fuori di te, ma solo dentro.